La drammatica vicenda dell'Arte in Italia.

Più che un titolo direi un sottotitolo. Ma decisamente più esplicativo di "Requiem" o "Epilogo" in quanto sono solo termini vaghi per definire la più agghiacciante delle realtà. Ebbene sì, l'arte in Italia è un paziente abbandonato alla sua tremenda agonia in uno dei qualsiasi ospedali sovraffollati della penisola causa mancanza di fondi e personale. Per non sbagliare gli si stacca oltretutto l'alimentazione e l'ossigeno. Caso mai ci fosse il rischio che si riprenda. Stiamo assistendo da alcuni anni alle fasi finali di un assassinio nei confronti della cultura perpetrato da chi dovrebbe difenderla, custodirla ed incrementarla. Siamo persino giunti ai falsi allarmismi - smentiti dall'attuale ministro dell'Istruzione Carrozza - in cui viene dato per abolito l'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole superiori, già ridotto drasticamente dalla riforma Gelmini.
Il perché di questi eccessi puramente disfattisti sono giustificati da ciò a cui si assiste quotidianamente nell'omertà e nel menefreghismo. Tra le ultime notizie sicuramente è da evidenziare quella data dal quotidiano Repubblica il 5 febbraio 2014, firmata da Carlo Alberto Bucci, il cui titolo era molto eloquente: "Addio al Macro: la caduta di un museo senza contatti né mostre". Di certo per nulla incoraggiante in un panorama internazionale in cui musei ed esposizioni sono in crescita rispetto all'Italia. Ma dopo tutto ancora risuona nelle nostre orecchie la fatidica frase dell'allora ministro dell'Economia Tremonti quando disse "Con la cultura non si mangia" castrando così un paese fondato proprio sulla cultura. Intanto il nostro preziosissimo patrimonio artistico-culturale sta cadendo letteralmente a pezzi - il ricordo va sicuramente ai crolli strazianti nel sito archeologico di Pompei - abbandonato e svilito sempre per la solita assenza di fondi. Un ritornello che da anni viene cantato, ignorato e speculato.
Nel gennaio 2011 Philippe Daverio lanciò la campagna Save Italy attraverso la rivista Art e Dossier di cui è direttore a partire dal numero di marzo 2008. Tale iniziativa fu dettata proprio dal crollo della Casa dei Gladiatori a Pompei, dai pannelli pubblicitari a copertura dei ponteggi per i restauri del Ponte dei Sospiri a Venezia, dal crollo di una sezione delle mura Aureliane e di una delle volte della Domus Aurea a Roma. L'accusa più scottante è stata quella rivolta proprio agli italiani - come scrisse nel suo editoriale - di non voler salvare "Questo Paese".
Purtroppo Daverio è stato la voce di una Cassandra quando scriveva sempre nel suo editoriale del 2011 "Il futuro si prevede come circo massimo del pressapochismo arrogante", lo si vede ad occhio nudo da come vengono curate le mostre, dai restauri mai effettuati, dall'apertura part-time del Museo della Civiltà Romana a Roma in attesa dei lavori di restauro.
Il patrimonio culturale italiano è ciò che nobilita maggiormente la nostra Nazione, per non perderlo bisogna conoscerlo, comprenderlo, apprezzarlo e valorizzarlo. Siamo tutti chiamati alla sua salvaguardia, nessuno escluso, non lasciamo che la nostra indifferenza sia la causa della perdita più grande dell'umanità. Salviamo la nostra cultura, salviamo casa nostra. Salviamo l'Italia.

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